La Palmitoiletanolamide , PEA, è presente in natura, in piccole quantità nella soia, nel tuorlo d’uovo, nel latte materno.
Anche il nostro organismo la produce, ma la sua sintesi diminuisce con l’età.
Scoperta nel dopoguerra, credo nel 1948 o giù di lì, solo negli anni ’80, vede definirsi da Rita Levi Montalcini la sua attività.
Agisce sui recettori , presenti , diffusissimi, nel nostro corpo, CBD1 e CBD2, i recettori degli endocannabinoidi ,cioè delle sostanze che noi produciamo così chiamate perché agiscono dove agiscono i derivati della cannabis.
CBD1, presenti nel sistema nervoso centrale, CBD2 maggiormente presenti a livello periferico ,in particolare nel , complessissimo , sistema immunitario.
La particolarità di questa sostanza, la PEA, è che non agisce direttamente su queste strutture, come per esempio il THC, tetraidrocannabinolo, sul CBD1, presente , ripeto , nel cervello, con relativo effetto psicotropo, ma agisce modulandone l’attività.
Quindi non effetto stupefacente, ma effetto regolatorio, azione sull’ infiammazione.
Non mi inoltro sui suoi rapporti , molteplici con il sistema immunitario , argomento complessissimo per le interazioni con gli altri sistemi di cui siamo fatti , ancora non definite con certezza.
Ma alcuni ambiti di utilizzo ci aiutano a capire come agisce la PEA.
Partiamo con una definizione, quella di “dolore cronico”: questa sintomatologia , spesso associata alla fibromialgia, si caratterizza come” un dolore che si protrae oltre i termini di guarigione di un’infiammazione o di una lesione”.
I farmaci principi in questo caso, sono gli oppioidi, e la PEA, modulando l’azione degli endocannabinoidi endogeni, mitiga i loro effetti collaterali , quali la tolleranza e iperalgesia, che porta a doverne aumentare il dosaggio per mantenerne l’efficacia.
Si ricorre ai derivati dell’oppio , in svariate patologie, specie in soggetti di età avanzata per evitare gli antinfiammatori classici,i FANS, il cui uso porta i noti problemi a carico di reni e stomaco, per non parlare della loro attività sulla coagulazione.
Avere una molecola come quella di cui parlo, con effetto antidolorifico, antinfiammatorio, che modula l’attività di farmaci potenti , ma molto impegnativi, non è cosa da poco.
Senza aver riscontrato interazioni con la maggior parte delle famiglie di anticoagulanti.
Bisogna comunicare quello si ha intenzione di assumere al clinico di riferimento , sempre, specialmente se si è in un qualsiasi trattamento farmacologico.
Per concludere accenno all’utilizzo della PEA, che si è dimostrata efficace in patologie, come depressione, emicrania e spettro autistico, utilizzo non risolutivo , ma che ha migliorato il quadro sintomatologico, riducendo l’utilizzo di farmaci “classici”, e quindi diminuendo in maniera netta gli effetti negativi iatrogeni.
Mi soffermo sulla sindrome autistica , il drammatico problema, che negli ultimi anni affligge una percentuale via via maggiore della popolazione.
E’ un problema complesso, multifattoriale, che denota l’intreccio di differenti fattori.
La PEA migliora le capacità attentive dei soggetti colpiti da questa patologia ,e ne diminuisce la iperattività.
Questo dimostra che la PEA, non avendo effetti psicotropi, ma solo antinfiammatori , esplica la sua azione su una neuroinfiammazione, fatto saliente ma misconosciuto dello spettro autistico , migliorando la sintomatologia nei due campi suddetti, che sono essenziali per la qualità della vita dei pazienti.
Mi ripeto : le migliorie ottenibili con la molecola di cui parlo, confermano che questa sindrome ha una base infiammatoria, anche se non confermata all’unanimità dai ricercatori.
Per me ciò è evidente .
Qui mi fermo
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